mercoledì 30 ottobre 2013

Simone Perotti



Dopo i disordini di piazza di questi giorni
15 novembre 2012 alle ore 23.23


Cari manifestanti, non andiamo più in piazza. Non diamogliela vinta. Non sprechiamo tempo con le urla, e neppure con la violenza. Ogni volta che consentiamo la violenza (cioè facciamo la parte della vittima di chi ci vuole menare) facciamo il gioco del potere. Ogni volta che urliamo, facciamo il gioco del più forte, che delle nostre urla se ne fa un vanto, se ne compiace.



Il potere spera sempre nel corteo, e spera sempre che degeneri nella violenza. La piazza che insorge oscura messaggi e idee. Manifestare serve a rappresentare i malati di SLA, o chi non sa e non può gridare per i propri diritti. E chi lo nega! Ma per noi, per le persone medie e ordinarie, per il 95% per cento del Paese è l’arma minore, la più organica al potere. Non ve ne rendete conto? Fino a che c’è una manifestazione, il potere è salvo. Sapete i padroni avveduti cosa facevano cent’anni fa? Se gli operai non protestavano, costruivano un sindacato giallo, ovvero qualcuno che protestasse, anche se mai troppo. La protesta serve. Indica che tutto funziona.



Non si può manifestare senza aver prima fatto un grande lavoro interiore, senza essere cambiati noi per primi. E noi quel lavoro non l’abbiamo ancora fatto. Tutto il tempo e le energie per quelle manifestazioni vanno messi in altro, vanno rivolti verso l'interno. In quella piazza c'è la via più breve, quella che responsabilizza meno. Chi cambia davvero, chi ha in animo di far saltare il banco, non scende in piazza. E’ un cocciuto e duro rivoluzionario, e lavora nella sua stanzetta, in silenzio, si allena, studia come preparare una bomba metaforicamente deflagrante: il suo cambiamento. La cosa più pericolosa per il potere è che quell'uomo diventi diverso da ciò che è, diverso da chi sta in piazza. Quella bomba è in grado di esplodere socialmente, di fare di quell'uomo un autentico sovversivo, se visto dalla parte del potere. In piazza invece, le bombe carta vengono disinnescate dalla stessa protesta, generano manganellate che stimolano la solidarietà della gente comune. Quelli che dovevano essere dei potenziali rivoltosi diventano gruppo organico al sistema, gregge facile da pilotare. Facile da menare. Di cui è facile sparlare.




Non andiamo in piazza, abbiamo troppo da fare in quest’epoca triste. Dobbiamo vivere diversamente da subito, adesso, nelle nostre vite. Isoliamo il potere dove è debole, dove gli fa male. Possiamo contrastarlo con efficacia smettendo di essere target commerciale, smettendo di vivere e lavorare e muoverci come pensa lui. Costruiamo un'altra economia, un'altra sopravvivenza. L'atto più forte e dirompente verso il nemico è abbandonare il fronte, voltargli le spalle, andare altrove. Un nemico ignorato, che perde la sua carica di dramma e la sua essenza di minaccia, scompare. Immaginatevi una grande manifestazione, migliaia di poliziotti schierati, vestiti come dei marziani, ma soli. La piazza è vuota. Ci sono soltanto loro. Soli. Il nemico non c’è più, si è ritirato. Sta progettando come vivere diversamente. I nemici da manifestanti sono diventati uomini e donne, sognatori concreti e cocciuti, che lavorano per diventare saldi, per resistere alle offerte commerciali inutili, per organizzarsi in modo diverso, ridurre i propri bisogni.

Ecco il lavoro che è prezioso fare. Non manifestare contro il potere, che serve solo a rafforzarlo, ma far aprire gli occhi a chi non ha gli strumenti per capire o sta sbagliando strada per altri motivi.



Svegliamo la gente, spieghiamogli che il potere ha solo una grande paura, un tragico terrore: gli uomini liberi. Sa che più ne circolano più lui è spacciato. Menti libere, che non faranno mai quello che gli dici di fare, che non compreranno mai quello che gli dicono di comprare, non vivranno come e dove gli dici di vivere, sono una bomba innescata sotto al Sistema. I loro comportamenti anticonsumistici, antimperialisti, anticapitalisti, pacifisti, creativi, operosi, sottraggono potere alla politica, denaro al potere. Sottraggono potere al sistema.



Noi che manifestiamo ma poi il giorno dopo siamo nel traffico come sempre, senza tentare una vita diversa, non forziamo il nostro destino e siamo funzionali alla condizione che avversiamo. La nostra manifestazione lo rafforza, il potere, non lo indebolisce. E se non abbiamo niente, se siamo gli ultimi, ancor prima dobbiamo muoverci. Non abbiamo niente da perdere. Che ci stiamo a fare lì? Proprio chi ha di meno e fa fatica ad avere pure il minimo, dovrebbe essere il primo a voltarsi e andarsene. Per cosa manifesta, per quello che non avrà mai? Per diventare meno diverso dall'oggetto della sua manifestazione?



Manifestiamo per la rabbia, ma la rabbia rende deboli, sempre. In un conflitto, anche quando ci si menava da ragazzini, chi si faceva rapire dalla rabbia le prendeva. Più la lotta è dura più bisogna essere freddi, calcolare, trovare gli interstizi con lucidità e lì infilarsi. Ecco perché dico e ripeto da anni che il cambiamento è interiore, sempre, prima di ogni altro passo. Se non sei lucido, se ti fai prendere dalla rabbia, sei destinato alla sconfitta.



Quando le migliori energie di un Paese manifestano, vengono spese a urlare inutilmente, a menare o a prendere manganellate, il potere ha vinto. Quel tempo, quella forza, quella serenità, quella rabbia, servono altrove, per organizzare un mondo diverso. Bisogna sottrarre consenso, togliere la spalla da sotto al sistema, farlo implodere su se stesso.Bisogna lasciare soli questi miserabili avidi e corrotti, tanto che comincino a urlare "aiuto!" stando seduti da soli in un deserto. E questo va fatto rapidamente, ora, facendo cose diverse con impegno maniacale. Serve che diventiamo bravi, professionali, eccellenti in molte cose che abbiamo tralasciato. Dobbiamo costruire da soli molte delle funzioni che ci servono, produrre il cibo che mangiamo, l’energia che consumiamo, ma dobbiamo studiare per questo, impegnarci, lavorare venti ore al giorno, per anni, a una nostra nuova umanità. Individui migliori rendono migliore la società. Ecco la nostra responsabilità. E per farlo serve concentrazione, servono energie, serve ottimismo, studio e creatività. Il mondo migliore non lo faranno mai politici migliori, ma uomini e donne migliori. Ecco il nostro piano di lavoro: essere diversi da come ci pensano e ci valutano, pensare in modo diverso, spendere la nostra vita in luoghi e modi differenti. Dobbiamo essere ordinati, progressivi, organizzati. Ma non tra di noi: come individui.



Mettere energie in una manifestazione e non in ciò che dobbiamo fare, è contraddittorio. La gran parte dei manifestanti di solito, a fine manifestazione, rientra nel mondo codificato, non lavora su se stesso, va a mangiare un cheese burger da McDonalds. E quasi sempre si sente soddisfatto, perché c’era, era nel gruppo. Ma il luogo dove doveva essere, nella sua altra vita, lo ha disertato. Domani, nei racconti della manifestazione, perderà un altro po’ di ruolo, di tempo, di energie. Di dignità. Manifesta invece di fare. Perché?



Torneremo a manifestare, certo. Ma dopo…

dopo aver fatto il percorso interiore per diventare uomini diversi, migliori, in equilibrio, capaci di dire dei no e poi dei sì;

dopo aver messo in pratica il processo di riassunzione della responsabilità della propria vita su di sé;

dopo aver smesso di studiare ciò che non ci piace "ma da dà maggiori possibilità di lavoro";

dopo aver ricominciato a pensare alla realtà come qualcosa da inventare e piegare al nostro destino;

dopo aver smesso di comprare cose inutili;

dopo aver smesso di vivere in posti brutti e costosi ma in posti belli dove le case costano poco (l'Italia ne è piena);

dopo aver smesso di lavorare dalla mattina alla sera come maleoccupati;

dopo aver smesso di mettere il denaro al centro dei nostri pensieri;

dopo aver smesso di avere comportamenti sistematicamente inquinanti;

dopo aver smesso di sprecare energia tenendo le luci accese in mezza casa anche se siamo soli;

dopo aver smesso di avere bisogni invece che desideri, cioè pensieri possibili ma senza i quali stiamo comunque bene;

dopo aver inventato lavori utili, che ancora non esistono;

dopo aver smesso di lamentarci invece che creare;

dopo aver smesso di muoverci in automobile insensatamente quando conviene il treno o meglio ancora dopo aver deciso di starcene a casa;

dopo aver smesso di giocare la schedina;

dopo aver smesso di guardare la televisione per gran parte del nostro tempo;

dopo aver smesso di comprare telefoni di cui la maggior parte di noi non ha bisogno;

dopo aver smesso di non studiare;

dopo aver capito che moriremo presto e tutta questa ricchezza di tempo non l'abbiamo.

Allora torneremo a manifestare, ma dopo. Quando si potrà manifestare “a favore”, non “contro”.

giovedì 24 ottobre 2013

Non fissarti in un posto, muoviti, sii nomade, conquistati ogni giorno un nuovo orizzonte. Ti sbagli se credi che la gioia derivi soltanto o principalmente dalle relazioni umane.


Portatori, cammellieri e la guida, jbel bani, febbraio 2013


La vera casa dell’uomo non è una casa, è la strada. La vita stessa è un viaggio da fare a piedi.

La Cri persa nell'hammada, il deserto di sassi

“Se non cambiamo direzione, tendiamo ad arrivare dove stiamo andando.”
Proverbio CINESE

La Cri e il Roby guardano il carico, è mattina presto e stiamo per partire


“Non è in nessun luogo chi è dappertutto.”
LUCIO ANNEO SENECA



lunedì 21 ottobre 2013

E se anche il vento ci soffia contro ...

Sono una parte di tutto ciò che ho trovato sulla mia strada.
(A. Tennyson)





E se anche il vento ci soffia contro, abbiamo sempre mangiato pane e tempesta, e passeremo anche questa.

Stefano Benni


« L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. »
(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)

Noi non siamo mai stati...

Noi non siamo mai stati… ogni giorno nel traffico; non siamo mai stati quando viviamo con quel peso sul cuore; non siamo mai stati ogni volta che il Sistema ci costringe a gesti non nostri e noi non reagiamo; non siamo mai stati negli acquisti inutili, nel ricatto del tempo speso a compiere azioni che non servono; non siamo mai stati quando viviamo nove ore al giorno con persone che non abbiamo scelto; non siamo mai stati quando abitiamo in posti brutti, mentre l’Italia e il mondo sono pieni di posti meravigliosi….




Il primo livello di sapienza è saper tacere, il secondo è saper esprimere molte idee con poche parole, il terzo è saper parlare senza dire troppo e male. Si deve parlare solo quando si ha qualcosa da dire, che valga veramente la pena, o, perlomeno, che valga più del silenzio.

Hernàn Huarache Mamani











martedì 1 ottobre 2013

5 terre

Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere cosi come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un'opera di teatro, ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l'opera finisca priva di applausi - Charlie Chaplin.



      

Quando si agisce cresce il coraggio, quando si rimanda cresce la paura.
Publilio Siro


Abbiamo dimenticato cosa sia guardarsi l'un l'altro, toccarsi, avere una vera vita di relazione, curarsi l'uno dell'altro. Non sorprende se stiamo morendo tutti di solitudine. Leo Buscaglia



Io amo le persone dirette, quelle che se hanno bisogno di dire qualcosa non trovano giri di parole (F.Russo)



Quando si consiglia a una persona si è quasi sempre saggi. E' per se stessi che si è spesso degli idioti (F.J.Bautist)