sabato 10 marzo 2018

Con Marta nel deserto a erg Chebbi


La giovane ragazza se la dorme alla grande imbozzolata dentro ben due(!) sacchi in piuma. Questo per dare solo una pallida idea di come possono scendere la notte nel deserto le temperature a gennaio. Specie al mattino è veramente un bel freddo, può andare sottozero. Da notare il vassoio con la verbena della notte precedente e il librone del dottor Zivago, compagno di Marta nelle lunghe serate alla luce delle candele.


Ecco il "tavolo" dove ogni mattina viene servita la colazione. Proibitivo per chi ha problemi alle ginocchia :-) Favoloso il succo di dattero, anche se a Marta non piace :-(. A volte occorre aspettare che esca il sole a riscaldare il tutto altrimenti senza guanti non ce la facciamo e poi il burro vegetale è un pezzo di marmo :-)


Ecco la principessina del deserto, al sottoscritto, ogni santa mattina che Dio mandava in terra, toccava fare da rubinetto dispensatore di acqua calda, portatore di asciugamano e servizietti vari. Ma era bello anche cosi' :-)



Poco dopo l'alba un branco di Asini selvatici del deserto (Equus africanus) si abbevera ad una pozza quanto mai provvisoria dovuta alle ultime piogge di gennaio che si ripresenteranno probabilmente tra un annetto, nel 2019; si ritiene sia il diretto antenato dell'asino domestico e proprio per questo motivo viene attualmente classificato all'interno della stessa specie. In passato occupava un areale molto più vasto, allo stato selvatico ne rimangono solamente pochi esemplari. Una visione che da sogno.



Come ogni mattina Ali' ed Ahmed disfano il campo in un tempo che ogni volta non smette di sorprenderci, come assolutamente da record è il tempo impiegato a rimontarlo, ogni sera che ci accampiamo. Tutto è perfettamente organizzato, ma è incredibile ogni volta pensare come tutto, compresi i nostri bagagli pieni di cose inutili, possa stare nelle quattro sacche verdi di foglie di palma che servono a trasportarli sulla groppa degli animali.


Eccoci, in marcia. I momenti più belli dell'intera giornata sono questi, i primi, fantastici passi, nella fresca e nitida luce del mattino, pieni di energia che la notte ci ha donato. Prima di partire, a Zagora, abbiamo preso due chèche (o taguelmoust) azzurri touareg. mai scelta si è rivelata più indovinata. Non solo coprono la testa dai potenti raggi del sole, ma riparano in caso di vento, lasciando liberi solo gli occhi o neanche quelli, volendo; serve anche da sciarpa o per prendere le pentole calde dal fuoco e per un monte di altre cosette.


Sono incontri come questi che valgono tutto il viaggio. Incontri che non potremo dimenticare mai. I bimbi dei pastori nomadi, ci vengono incontro con dei piccoli bracciali di perline di plastica dei poverissimi "gioielli" in vendita. Ali' da loro un arancia e dei datteri e con Marta compriamo un braccialetto. Non dicono una parola. Non sorridono. Non ci toccano. Se ne tornano nella loro tenda, circondata da centinaia di capretti, in mezzo al niente, silenziosi come sono arrivati. Dopo sembra come se non fosse successo niente, se non fossero mai esistiti. Solo i sassi e il sole.


Il sentiero è una sottilissima traccia appena riconoscibile nell'hammada, il deserto di sassi. Se non ci fosse Ali' ci saremmo persi migliaia di volte e penso che non riusciremmo mai più a uscire di qua. Ci sono ancora degli alberi, vita impegnativa la loro, che sono pieni di spine enormi, come lame di coltello. I dromedari se ne cibano, incredibilmente, evitando non so come le lame. Qui tutto ciò che è verde è prezioso, unico, passeggero, in pericolo.


Ogni tanto delle alture ci permettono di alzare lo sguardo su questa distesa di sassi e apprezzare il fantastico isolamento di questa zona di confine che separa il marocco dall'algeria, i cui confini terrestri sono chiusi ormai da tanti anni.


"Marrrrrta" chiama Ahmed che mi sembra abbia una predilezione speciale per questa ragazza italiana che cammina come un treno, non si ferma e non si lamenta mai. Ormai senza segnale da più di 5 giorni, un'astinenza impensabile ai giorni nostri, e che solo 5 anni fa, quando ho attraversato ancora il deserto sembrava normale, cerca ogni minimo punto rialzato per puntare il telefono verso il suo ragazzo, i suoi amici, la sua vita. Ma dovrà aspettare ancora tre lunghissimi giorni.


Stare scollegati è un altro dei motivi che mi ha portato da queste parti. Farebbe tanto bene a tantissime persone. Sebbene io possa avere grossi problemi ho deciso che va bene cosi', che si può vivere anche senza. E cosi' è stato.


Fine pomeriggio. Altro momento fantastico. Abbiamo camminato le nostre brave 7/8 ore, abbiamo fatto il nostro "dovere" e adesso ci riposiamo aspettando il tramonto e la cena. Anche Ali' e Ahmed hanno un breve periodo per rilassarsi, e dopo avere acceso il fuoco per l'immancabile the alla menta, se ne stanno a ridere e a parlare tranquillamente tra loro. C'è una calma, una pace, una tranquillità che non si può descrivere con le parole. Il tempo si ferma chiaramente a quest'ora qui nel deserto. Il caldo e il sole, in uno dei suoi straordinari quotidiani tramonti , lasciano il posto al fresco della sera prima e al freddo della notte poi, mentre il respiro pesante dei dromedari è l'unico suono che sentiamo.


Nonostante le zampe anteriori legate strette dalla corda blu, se li si perde d'occhio anche solo per 10 minuti, i nostri amici scompaiono presto alla nostra vista. Sono animali straordinari creati per questi terreni, per queste distanze, per questo clima tremendo. Il loro sguardo è dolcissimo e intelligente. Sono totalmente al nostro servizio come non ho mai visto essere nessun altro animale che abbia mai conosciuto.


Dopo cinque giorni la scorta di pane arabo è finito e allora occorre farne altro. Ahmed è lo specialista. Porta con sè un forno che non è altro che un cerchio metallico da mettere sopra la sabbia incandescente con un coperchio, sopra cui vengono messe le braci ardenti. Dopo un quarto d'ora è pronto, croccante, caldo una bontà. Per cena sempre qualcosa di estremamente sano ed equilibrato. Abbiamo sempre mangiato delle cose buonissime che non ci hanno mai fatto mancare niente.


AQUÍ no es un pedazo de terreno, es todo el universo.
AHORA no es un fragmento de tiempo, es toda la eternidad.
YO no es ser un individuo, es ser todos los seres vivientes. (AJ)

QUI non è un pezzo di terreno, è tutto l'universo.
ORA non e ' un frammento di tempo, è l'eternità.
NON E' essere un individuo, E' essere tutti gli esseri viventi.



Sotto dei cieli sempre più belli ci avviciniamo al grande erg, il deserto di sabbia. I sassi dell'hammada si fanno sempre più minuti, sbriciolati dai millenni. Erg Chigaga è a 60km dal posto abitato più vicino, M'hamid el Ghizane, e sebbene ci portino la gente in pick up, anche da Marrakech, il viaggio è molto lungo e costoso, per cui ha conservato una sua primitiva bellezza che, ad esempio, Merzouga non ha più.


Ecco finalmente si iniziano a vedere le dune del grande erg. La più alta dicono sia sui 300 metri, ma sempre mutevole a causa del vento e delle tempeste di sabbia. Volevo tanto tornare nel deserto e adesso ci sono, ancora una volta e con Marta.


Quello che succede cambia secondo il punto di vista da dove lo vedi. Più importante di quello che succede è quello che fai con quello che succede.



Ci sono delle sterminate distese di rucola selvatica, che qui è infestante, e il suo profumo si sparge ovunque. Una cosa che ho notato dopo alcuni giorni di permanenza nel deserto è che il deserto non ha odore. Niente, zero assoluto. Quindi appena si torna nel mondo degli odori si sentono da  lontanissimo, da km di distanza.


Molti non sanno che i tuareg sono un popolo berbero, tradizionalmente nomade, e la loro lingua è composta da dialetti del berbero. I Tuareg, chiamati "il popolo blu" a causa del colore dei loro abiti tradizionali, sono probabilmente i discendenti dei Berberi autoctoni del nord Africa. La religione che praticano è l'Islam, anche se vi è chi ha visto in diverse loro pratiche e leggende dei residui di un anteriore animismo. L'epoca precisa di adozione dell'Islam è controversa, ma comunque risale a diversi secoli fa. Le donne hanno una libertà maggiore rispetto ad altre culture islamiche e quando si verifica un divorzio, dal momento che le tende sono di proprietà della donna, l'ex-marito si ritrova senza un tetto e deve cercare ospitalità presso parenti di sesso femminile (madre, sorelle).


I tuareg condividono con i loro ospiti una delle loro usanze religiose per augurare ai viaggiatori che li hanno incontrati buona fortuna: la cerimonia del tè, conosciuta anche il "tè nel (o del) deserto". La cerimonia comincia con la preparazione della bevanda, per queste popolazioni il tè è un modo per elevare lo spirito e meditare, esse ritengono che il fischio della teiera che ribolle serva a calmare gli animi e rinfrescare la mente facendo sincronizzare il proprio battito cardiaco e quello della teiera. Il tè viene preparato tre volte, ogni volta seguendo una ricetta e una preparazione diverse: la prima variante, piena di tè amaro e forte, è conosciuta come il "tè della morte"; la seconda variante è composta da tè più dolce ma dal retrogusto amaro, ed è chiamata "tè della vita" ed infine la terza variante è preparata con tè molto dolce, dal gusto intenso e inebriante, il "tè dell'amore".


Siamo arrivati alle prime dune. Ma ali', nonostante il lungo cammino che abbiamo alle spalle, non si ferma perchè vuole trovare il suo posticino speciale in mezzo alle dune. Che infatti si rivelerà straordinario. Ci sono queste zone di sabbia pressata che fanno da tramite tra duna e duna. Non ci sono più sassi, sembra incredibile, niente più alberi, l'orizzonte si fa pieno di magnifiche dune. 


Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio.
(Antoine de Saint-Exupery)




Il bianco e il nero, con le gambe agganciate, sterminano una delle poche forme di vita presenti. Al mattino di fronte alla tenda ci saranno decine di improntine di fennec, la volpe del deserto, che una volta abbiamo visto in tunisia.


Il campo è montato in versione "pareti sollevate" perchè in questa fine pomeriggio degli ultimi giorni di gennaio inizia a fare caldo e cerchiamo di ventilare. Dopo solito, piacevole e corroborante te alla menta ci leviamo le scarpe e iniziamo a salire a piedi nudi, incredibilmente, sulle dune intatte che circondano il campo.


"Viaggiare è chiedere di colpo alla distanza ciò che il tempo non potrebbe che darci poco a poco" - Giorgio Bettinelli



Dall'alto il nostro campo sembra un piccolo mondo, la nostra tenda, la cucina, quella poca, pochissima legna che abbiamo trovato e che servirà a fare il fuoco, il bianco e il nero. Ali' e Ahmed hanno sempre dormito fuori, accanto al fuoco, nei sacchi, sotto le stelle. In qualsiasi condizione, freddo, vento, tempesta di sabbia.


Basta alzarsi un attimo e il campo scompare nel nulla! Viene la paura di perdersi, le dune sembrano tutte uguali e ogni riferimento sembra perduto.


Sullo sfondo tutta la strada che abbiamo percorso negli ultimi giorni, sui duecento km, è visibile sotto i nostri piedi. Non sembra quasi possibile.


Marta sale sul bordo della cresta. Succede un fenomeno stranissimo, che la sabbia, finissima come borotalco, scende dal bordo superiore ma al tempo stesso da anche l'impressione che risalga fino in cima in un movimento cosi' particolare che ancora ricordavo dall'ultima volta.


Le foto vengono da sole. La geometria, i chiaroscuri, le onde, il rosso ocra sullo sfondo del cielo azzurro. La somiglianza con le creste piene di neve delle montagne che ho salito, è evidente. Tuttavia qui il fenomeno è ancora più affascinante. Infatti la vista non è distratta da niente, è magnetica, coinvolgente. Uno splendore in effetti.


Con il calare del sole le ombre si allungano, per decine di metri e la sabbia da calda che era inizia a raffreddarsi terribilmente, nei coni d'ombra, dobbiamo rientrare.


Che mondo questo, cosi' soffice, impalpabile, e poi cosi' duro, essenziale, le sensazioni finiscono dritte in fondo al nostro essere, in profondità. Si potrebbe stare delle ore seduti in cresta a osservare le mutazioni della luce, i piccoli cambiamenti impercettibili. Un mondo senza inizio e senza fine. Penso che solo il deserto possa dare questo, per me almeno è cosi'.



Qua sotto Ahmed ha indossato la sua jellaba migliore, quella bleu dei touareg, per farsi il suo personale giretto tra le dune. Poi domani tornerà a quella bianca. Perchè lo abbia fatto non lo saprò mai. Me lo continuo a chiedere ancora oggi senza trovare risposta. E poi perchè si sia allontanato che non lo fa mai, dove è andato? Forse a pregare. E' infatti religiosissimo e prega regolarmente e poi quando cammina o quando prepara il fuoco, canta da solo, a voce altissima, delle nenie ruvide d'altri tempi, che gli sgorgano dal cuore.


Ho chiesto ad Ali' e mi ha detto, quasi giustificandolo, che lo fa perchè e sempre solo, nel deserto, con i dromedari, e lo fa per tenersi compagnia. Ci ha detto che sette figli, 4 femmine e 3 maschi che però vede raramente perchè è sempre in giro nel deserto. Un personaggio fantastico, d'altri tempi. Ha un anello enorme d'argento e delle grandi mani straordinarie, affusolate ma anche impressionanti per forza e tenacia.


Rimaniamo sempre in vista del puntino bianco del campo mentre Ahmed ci indica con le sue orme la direzione da intraprendere al ritorno. Sembra impossibile ma la sensazione di perdersi nel niente a due passi dal campo c'è e sono convinto che non è solo frutto delle nostre paure.


Il mare di dune che separa il Marocco dall'Algeria


Gli ultimi momenti sono per me pieni di struggente nostalgia. A differenza di Marta sento tutto il peso del tempo e dell'età e come adesso quando sono in posti cosi' lontani e speciali mi chiedo se mai li rivedrò, se riuscirò ad arrivarci a piedi soprattutto. 


La sera sta arrivando rapidamente in questi pomeriggi di fine gennaio e inizia lo straordinario gioco delle luci al tramonto che qui sulle dune esprime tutta la sua arcana bellezza. Quello che sconvolge è la qualità della luce che vibra sulla sabbia. Basta una leggera inclinazione del nostro pianeta rispetto alla posizione del sole che le dune cambiano totalmente tono del colore e anche consistenza, se posso dire, come se cambiasse tutto in un istante.


Uscendo come devo fare, spinto dalle necessità, mi giro e vedo Marta e la tenda, illuminata dalle candele e dalle nostre frontali e penso che sono in uno di quei momenti che poi verranno ricordati vita natural durante. Non ho parole sufficienti poi per descrivere le stellate riversate sopra di noi come una coperta scura trapuntata di brillante luce infinita. Quelle che vediamo da noi, anche in montagna, d'inverno, e in posti isolati, non sono assolutamente NIENTE in confronto a quello che vediamo qui. E poi la cosa impressionante, come fa notare Marta è che, data la vastità dell'orizzonte che qui asseconda la curvatura terrestre, è che le costellazioni arrivano fino ai bordi estremi, 360 gradi, si vedono stelle brillantissime anche nelle posizioni estreme ai bordi dell'orizzonte e questo lascia veramente senza parole.


Lasciamo anche questo posto fantastico, erg chebbi, dopo due giorni di permanenza sognante, l'acqua è finita e dobbiamo andare a un pozzo che purtroppo causa della tempesta di sabbia che ci ha preso, non ho fotografato ma che è anche qualcosa di imperdibile. Un miraggio, un piccolo buco avvolto dal cemento armato con un tubeless di camion a fare da secchio. Acqua per noi, per gli animali per il mondo intero. Chi potrà mai aver capito che c'era acqua la sotto?? Chiedo ad Ali' se possiamo bere, la sua risposta al solito è perentoria: "noi si, voi no".


Ritorna il verde, la cara vecchia rucola selvatica ma, e si vede da come è vestita Marta, arriva anche un vento forte e freddo da ovest, la nostra direzione, che mi smonta a piccoli pezzi. Camminare è dura in queste condizioni e rimango spesso molto indietro, centinaia di metri. Ma ormai siamo quasi arrivati.



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